Storia di una madre che non ha “generato” secondo la carne…
Maria Majone nasce a Graniti, alle propaggini dell’Etna, il 21 Giugno 1869 da Bruno e Marta Falcone. Non è ancora undicenne quando papà Bruno muore. Con l’inseparabile amica Carmela D’Amore, Maria frequenta un gruppo di ragazze guidate spiritualmente da don Vincenzo Calabrò, parroco di Graniti. A lui si presentano, nell’ottobre 1889, due giovani suore di Messina, le prime di una nuova Famiglia religiosa (le Figlie del Divino Zelo), fondata due anni prima da Sant’Annibale Maria di Francia, di nobile famiglia. Egli è chiamato il “prete pazzo” nella periferia di Messina, dove svolge il suo apostolato, perché ha donato tutti i suoi beni e và in giro a mendicare per gli orfani, i derelitti e i miserabili che a centinaia affollano il popoloso “quartiere Avignone”, la zona più malfamata della periferia di Messina. Qui Maria Majone spende buona parte della sua generosa esistenza, qui testimonia quotidianamente, nell’indefesso stile del dono incondizionato di sé, quanto amore chiede essere “l’umile operaia nel Campo del Signore”.
Maria Majone, generosa come il fuoco dell’Etna, comincia nell’autunno 1889 una nuova vita fra gli ultimi nelle baracche del quartiere Messinese. Nel 1891, per volontà di padre Annibale, lei si trasferisce con le sue orfanelle a Palazzo Brunaccini. Ogni qual volta c’è una difficoltà da superare, un debito da saldare, tante bocche da sfamare, la risposta del padre Annibale all’accorato appello della Madre è sempre la stessa: «Fate pregare Sant’Antonio!». Perché è nell’umile servizio ai fratelli e nella consacrazione a Dio che trova compiutezza la femminilità di Maria Majone, attraverso una maternità che la chiama ad una missione sempre più grande, fatta di tante parole espresse non con alati discorsi, ma, con l’esempio.
Sì, la Carità sopra a tutto, attraverso quel grande fervore missionario con cui il 14 settembre 1901 la Chiesa di Dio accoglie la nascente Congregazione delle Figlie del Divino Zelo e quella maschile dei Rogazionisti del Cuore di Gesù. Pregare e lavorare per le vocazioni: questo è il cosiddetto “quarto voto del Rogate”.
Il 28 Dicembre 1908, alle 5,30, una terribile calamità mette a dura prova l’intera cittadinanza di Messina: è il devastante terremoto d’inizio secolo, che miete ben 80.000 inermi vite nella sola Messina, seminando distruzione e morte anche nella prospiciente Reggio Calabria… è dal cumulo delle macerie che sorgeranno le mirabili opere del padre Annibale Di Francia, il quale, adorando le imperscrutabili vie dell’Altissimo, già sogna la città dei natali ancor più bella, ricominciando tutto daccapo fra le fatiscenti casupole. Seguire lo Spirito ovunque, nella dinamica incarnazione della missionarietà che Madre Nazarena fa sua; Maria Majone, incarnazione vivente del saper amare, informando la propria esistenza all’Amore di Cristo.
Madre Nazarena si stabilì con le suore ad Oria (BR), dove avviò quella Casa, quindi, ritornata a Messina, divenne la mano operativa nella ricostruzione e nella fondazione di nuove Case: fu la volta di S. Pier Niceto (ME), nel 1909, Trani (BA), nel 1910, Sant'Eufemia d’Aspromonte (RC), nel 1915, Altamura (BA), nel 1916, Roma, nel 1924, Torregrotta (ME), nel 1925, Novara di Sicilia (ME), nel 1927.
Volendo, in breve, tracciare un profilo della personalità umana e spirituale di Madre Nazarena possiamo dire che era ricca, complessa e lineare al tempo stesso. Donna di un’instancabile dinamismo e di contemplazione per cui era in continua preghiera, e con una forte propensione per il sociale. Intuitiva. Di carattere deciso e, tuttavia, pieno di materna dolcezza, tipico di chi è temprato dall’austerità. Impegnata fermamente ad essere umile. Il suo abbandono totale nelle mani del Signore ne scandì la generosità e lo zelo.
Il suo cammino da religiosa fu segnato dalla filiale obbedienza e docilità alla volontà del Signore. Fedele nel seguire i passi del Fondatore, che ella aveva scelto come sua guida e padre in terra, cercò di realizzare in sé stessa quella spiritualità caratterizzata dalla donazione di sé come risposta al Divino comando del Signore, il Rogate, carisma di Sant’Annibale Maria di Francia.
La sua vita terrena fu scandita non solo dai sacrifici ma anche da sofferenze morali e fisiche. Con l’approvazione diocesana delle Costituzioni della Congregazione delle Figlie del Divino Zelo, secondo le norme del Diritto Canonico, fu richiesta l’indizione del Capitolo Generale, che si tenne a Roma il 18 e 19 marzo 1928.
La Venerabile non venne confermata alla guida della Congregazione e neppure eletta come membro del Consiglio Generale. Ella accettò tutto con grande serenità quale volontà di Dio e accolse con umiltà la destinazione, stabilita dalla nuova Superiora Generale.
Madre Nazarena sapeva che il prezzo che il Cristo chiede ai suoi servi fedeli è quello della partecipazione alle sue sofferenze, come calice di nozze. Ella aderì a tale richiesta sino in fondo.
Richiamata a Roma quattro anni dopo, fu nominata Vicaria della nuova Superiora Generale, ma in pratica restò avulsa da ogni attività. Trascorse gli ultimi cinque anni di vita nell’oblio e nella solitudine, pregando e lavorando. Rammentava sovente il giorno in cui il Fondatore aveva detto: “Per la salvezza delle anime occorrono vittime!”. Ed ella, buttandosi prontamente in ginocchio, aveva risposto: “Padre, mi offro io!”.
Il diabete, che sino dal 1920 le provocava delle sofferenze, continuò e finì per aggravare le sue condizioni fisiche fino a costituire il suo lento martirio negli ultimi quattro mesi.
Alle 10 del 25 gennaio 1939, a Roma, dopo aver ricevuto la Santa Eucaristia, dicendo “Eccomi sono pronta”, rispose ancora una volta alla chiamata del Signore.