Madre Nazarena e Santa Teresa di Gesù Bambino
Santa Teresadi Gesù Bambino, vergine e dottore
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Lo si può dire di Madre Nazarena Majone così come lo si dice di Santa Teresa di Gesù Bambino, con la quale la nostra Serva di Dio ha una significativa affinità spirituale. «Avverto una tangibile trepidazione. Oso addentrarmi nel mistero di un’anima, quella di Nazarena, per calarvi lo scandaglio improprio di un osservatore esterno, che sa di non poter cimentarsi con un capolavoro della grazia. Di fronte ai santi non abbiamo da pronunziare che una parola: il silenzio, che è adorazione». Così inizia la sua riflessione il prof. Luigi di Carluccio,uno degli studiosi del carisma di Madre Nazarena
Si sa che di silenzio Madre Nazarena ne ha subito parecchio, e non per un atteggiamento adorante davanti alla sua figura quale meraviglia di Dio. Il silenzio su di lei si è finalmente sciolto in lode e ammirazione corale intorno agli anni Sessanta, poi è venuto il processo, la stesura della Positio super virtutibus, infine c’è stato un pullulare di pubblicazioni e convegni.
Siamo dunque in una stagione felice di studi nazareniani, e tuttavia ancora in fase di scoperte iniziali, di prospettive parziali, di indicazioni caute che non sottraggono di sotto al moggio la viva luce in tutto il suo splendore.
In fondo, è una lode alla figura complessa della Serva di Dio ed è nel contempo un riconoscimento a quanti finora si sono provati in una specie di fatica di scavo, per renderci al meglio la sua dimensione umana e spirituale.
Personalmente, a misura che approfondisco la storia di quest’anima singolare, resto nella convinzione che la sua figura e la cifra qualificante del suo messaggio attendono ancora una probante messa a fuoco. Quando ciò avverrà, si coglierà l’attualissima lezione di lei, piccola grande creatura plasmata dallo Spirito.
Penso sia di ammaestramento il caso di Santa Teresa di Gesù Bambino. Per parecchi decenni, cioè dalla morte fino alle soglie degli anni Cinquanta circa, il suo messaggio autentico restò impacchettato in un devozionalismo popolare di maniera. Teresa diventa Teresina, l’eroina delle forti virtù si ridimensionava come la “santina delle rose”, la sua storia che sa di martirio interiore e fisico slittava verso l’immagine di una ragazza romantica di fine Ottocento.
È singolare che gli stessi studiosi restassero spiazzati e non fossero sfiorati dall’autentica statura di Teresa di Lisieux, che è quella di una grande santa, di una grande donna, di una grande maestra di vita e di dottrina.
Ancora più stupefacente il fatto che contribuirono a fissare uno standard riduttivo di Teresa le varie edizioni dei suoi scritti, inficiate da manomissioni e correzioni. Fu l’Abbé André Combes il primo che scoprì l’assoluta novità della dottrina di Teresa, quella che Pio X aveva intuito come «la più grande Santa dei tempi moderni» e che Pio XI volle beata e santa (1923-1925) e patrona di tutte le missioni, quella infine che Giovanni Paolo II ha proclamato dottore della Chiesa, terza donna dopo Caterina da Siena e Teresa d’Avila, il 19 ottobre 1997.
E Madre Nazarena? Cosa ha di suo in grado talmente qualificante da attirare la nostra attenzione? Quale movimento specifico della sua anima ci torna alla mente quando pensiamo a lei? I due Censori Teologi non hanno dubbi: «Riteniamo che il totale e costante abbandono alla volontà di Dio sia la caratteristica non solo dominante, ma totalizzante della vita virtuosa della Serva di Dio». L’abbandono della volontà di Dio è poi spiegato nella sua implicazione più autentica, cioè come «la più alta forma dell’amore di Dio» e come l’equivalente della santità stessa, perché «questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1Ts 4,3).
I revisori degli scritti di Madre Nazarena danno ampio spazio al tema dell’uniformità al divino volere, lo stesso fa la Positio sia quando analizza questo tratto spirituale sia quando si sofferma a delineare un profilo compiuto della Serva di Dio. Opportunamente, ricorrono nei Censori le virtù ascetiche richieste per realizzare concretamente l’unione della volontà umana con quella divina: l’umiltà, la docilità, la semplicità, la disponibilità oblativa di sé. Dunque l’abbandono in Dio si autentica nel possesso di molte virtù, nella rinuncia: il tutto sorretto e unificato da una fortissima vibrazione d’amore. A suo modo, anche Nazarena, come Teresa di Lisieux, può dire che l’amore è tutto.
In Nazarena l’amore giunge al culmine con l’atteggiamento sacrificale, che attinge espressioni commoventi negli ultimi anni della vita. La Positio ravvisa i tratti di un amore sponsale che avvolge in una fiamma di olocausto e innalza in una luce di martirio quell’anima santa. Cita al proposito il primo biografo: «Gli ultimi anni della sua esistenza furono un altare dove essa, lieta come Isacco, salì per essere immolata, candida vittima insieme a Colui che poi doveva coronarla di gloria».
Ma si deve poi rilevare una componente essenziale dell’organismo spirituale di Nazarena: l’essere una Figlia del Divino Zelo del Cuore di Gesù, dunque votata ad assumere in sé la fisionomia dell’operaia della mistica messe, votata espressamente a tradurre nella linea del genio femminile tutte le potenzialità del “carisma rogazionista”. Così dietro le orme del Fondatore, Sant’Annibale Maria, pervasa della “compassione” che fu del Cuore di Cristo alla vista delle folle spossate come gregge senza pastore (cf Matteo 9,36), ella «si pone come una segno specifica e singolare della tenerezza di Dio, in mezzo ai poveri a alle creature».